L’espressione “canone occidentale”, per quanto molto diffusa, è presa a prestito in particolar modo dal titolo di un volume di Harold Bloom, Il canone occidentale. I libri e le scuole delle età, Bompiani, Milano 1996. Si tratta di un testo importante, che riflette sull’essenza della cultura occidentale, ne identifica gli autori “canonici”, quelli fondativi, e ne divide i principali momenti di sviluppo in quattro fasi: l’eta teocratica, l’età aristocratica, quella democratica e infine l’età caotica. Si tratta di un libro che esprime gusti e convinzioni molto personali, anche se avvallati dall’autorevolezza di un grande storico della letteratura, ma che ha il merito di chiedersi quali siano i testi fondamentali della nostra tradizione e di farlo sulla base di criteri quali l’estetica, l’originalità, l’universalità. Il testo ha suscitato anche aspre critiche e polemiche in quanto, oltre a identificare ventisei autori “fondativi” (non necessariamente e non sempre i “migliori”, ma quelli più ricchi di ricadute e influenze nel corso del tempo), l’autore è stato spinto dall’editore negli Stati Uniti a corredare il volume di un’appendice con una lunga lista dei testi principali per ogni età. La lista, in inglese (ma facilmente comprensibile), si trova qui. Ovviamente inclusioni ed esclusioni non potevano che far discutere.
Il “dream team” dei ventisei è così composto: Shakespeare, Dante, Chaucer, Cervantes, Molière, Montaigne, Milton, Samuel Johnson, Goethe, Wordsworth, Austen, Whitman, Dickinson, Dickens, George Eliot, Tolstoj, Ibsen, Freud, Proust, Joyce, Woolf, Kafka, Borges, Neruda, Pessoa, Beckett.
Molto squilibrato in favore di autori moderni e anglosassoni, secondo il mio parere. Ad esempio, nel canone occidentale, io farei senz’altro rientrare i poemi omerici e la Bibbia, certamente a titolo superiore, ad esempio, di un George Eliot o di un Neruda.
Ho scelto la definizione “canone occidentale” per riferirmi a quel patrimonio culturale che per secoli abbiamo accumulato e trasmesso e che in questo particolare momento storico sembra particolarmente a rischio. Il rischio è che tale trasmissione si interrompa, che non interessi più nessuno, che ci si distragga in gruppo, completamente assorbiti dall’attualità, e che si perda il passaggio alle giovani generazioni. E non solo rischiamo la distrazione, rischiamo di abbandonare volontariamente il nostro patrimonio, forse lo troviamo troppo impegnativo, forse abbiamo quello strano complesso di colpa che ci mette in imbarazzo nel dover riconoscere che non tutte le culture sono uguali, che l’alto non è come il basso, che il fumetto e la tragedia greca non sono intercambiabili, che le civiltà precolombiane e quella greco-latina non hanno lo stesso valore oggettivo (l’una prevede sacrifici umani, l’altra inventa la filosofia e il diritto) e, anche se l’avessero in via del tutto teorica, non avrebbero avuto certamente lo stesso ruolo nella formazione della nostra civiltà contemporanea, di quel che pensiamo, di come viviamo e parliamo.
La scuola in tutto l’Occidente è in uno stato di riforma perpetua da almeno quarant’anni, l’attenzione è spesso focalizzata sui metodi di insegnamento, sugli strumenti, sulla didattica… personalmente ritengo che sia giunto il momento di tornare a pensare i contenuti e di farlo alla luce di quanto abbiamo di maggior valore.
Da questa idea nasce il mio nuovo blog, attraverso il quale mi piacerebbe suscitare riflessioni e dialogo sui temi dell’educazione, della scuola tradizionale e di quella familiare, insomma in generale della formazione delle nuove generazioni.
Buona lettura!