L’Abbazia di Nostra Signora di Clear Creek è una comunità benedettina appartenente alla Congregazione Solesmense. Fondata nel 1999 dall’Abbazia di Nostra Signora di Fontgombault, che si trova in Francia, ha sede nella diocesi di Tulsa, nell’Oklahoma, USA. Nel 2000 è stata eretta a priorato e nel 2010 è diventata un’abbazia. Attualmente la comunità conta 50 monaci. Il motto dell’abbazia è Ecce, fiat. La comunità segue la forma extraordinaria del rito romano e l’ufficio e la Messa sono cantati in gregoriano.
Particolarmente interessante è la storia della comunità, che ha origine in un corso universitario avviato negli anni 1970 da tre professori dell’Università del Kansas. Fu inaugurato un programma di studi umanistici completamente basato sui grandi classici del pensiero occidentale, a partire da quelli greci, latini e medievali. Numerosi studenti che si erano impegnati in questo corso di studi sulla civilizzazione occidentale (potremmo dire chiamarlo il “canone occidentale” che dà il titolo a questo blog) finirono con l’interessarsi alla vita monastica e si recarono in Francia presso l’Abbazia di Nostra Signora di Fontgombault. Alcuni di loro entrarono in quel monastero come novizi, sperando di potere un giorno far parte di una fondazione monastica negli Stati Uniti. Ci volle del tempo perché i novizi ricevessero una solida formazione, ma nel 1998 i tempi erano maturi e fu individuato un luogo adatto per una fondazione in località Clear Creek. A settembre del 1999 arrivò il primo gruppo di fondatori dalla Francia. Iniziò un periodo di lavori per realizzare i locali del monastero e per avviare le attività di sostentamento per i monaci. Nel frattempo iniziarono a fiorire le vocazioni. Fu iniziata la costruzione di un ambizioso edificio romanico, progettato da Thomas Gordon Smith, della Notre Dame University.
Il 12 maggio 2008 il nuovo monastero ricevette la benedizione di mons. Slattery.
Il 10 febbraio 2010, essendo la comunità ulteriormente cresciuta, dom Antoine Forgeot, abate di Fontgombault, annunciò alla comunità riunita in capitolo l’elevazione canonica del priorato allo status di abbazia. Il giorno seguente dom Philip Anderson fu eletto primo abate dell’Abbazia di Nostra Signora di Clear Creek, ricevendo la benedizione abbaziale il 10 aprile dello stesso anno.
Nel corso degli anni non solo è cresciuta la comunità monastica, ma nei dintorni si sono insediate numerose famiglie, desiderose di vivere nel raggio di irradiazione spirituale del monastero e di frequentarne la liturgia.
Particolarmente interessante è il corso universitario da cui tutto ebbe origine: The Integrated Humanities Program (IHP), promosso negli anni 1970 dai professori Dennis Quinn, John Senior e Frank Nelick della University of Kansas. Il programma prevedeva, oltre alla lettura commentata dei grandi classici della civilizzazione occidentale, l’apprendimento di poesie a memoria, il canto di canzoni popolari, lezioni di walzer e osservazione astronomica, vista come una delle più grandi fonti di meraviglia. Il motto del corso era infatti Nascantur in Admiratione, nascano nella meraviglia.
Il corso ebbe fine a seguito di polemiche dovute al gran numero di conversioni fiorite tra i suoi studenti, i docenti furono accusati di fare proselitismo e nel 1979 l’università pose fine al programma, che aveva formato negli anni circa duecento studenti, tra i quali il vescovo cattolico James Conley, della diocesi di Lincoln, nel Nebraska, l’arcivescovo Paul Coakley, dell’Arcidiocesi di Oklahoma City, nel Nebraska, Robert Carlson, co-fondatore del Wyoming Catholic College, oltre allo stesso dom Philip Anderson.
L’abbazia di Clear Creek ha una storia particolarmente interessante perché riunisce alcuni elementi su cui andiamo a riflettere da tempo: la trasmissione della tradizione culturale occidentale, la vita monastica, la liturgia tradizionale, il nascere di comunità di famiglie che si coagulano attorno a un forte desiderio di vita buona. È un po’ la prova, o la speranza, che dalle stesse buone radici possa ancora una volta sorgere un albero che dà gli stessi buoni frutti.
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