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(Mircea Eliade, Albero – “Axis Mundi”, in Trattato di storia delle religioni, Torino, Boringhieri, 1984, pp. 384 e ss..) |
Dopo aver fatto qualche ricerca sulle tradizioni legate al presepe, e in particolare ai santons provenzali, mi è venuto il desiderio di approfondire anche la storia dell’albero di Natale, un simbolo natalizio ormai persino più universalmente diffuso del presepe, ma anche con origini più incerte e – almeno nella sua forma attuale – certamente più recenti. Questa è una piccola indagine storica, chi fosse interessato può anche leggere il mio post con i consigli su come decorare l’albero di Natale.
L’albero di Natale nella sua essenza racchiude alcuni simboli potentissimi e antichissimi (l’albero come segno di vita, fertilità, abbondanza), l’abete (o altro sempreverde) come simbolo della natura che sopravvive ai rigori dell’inverno, ma anche dell’immortalità di Cristo, la luce come simbolo di Cristo “luce del mondo”, come segno di speranza di una nuova rinascita dopo i mesi più bui dell’anno, segno di forza, calore, intimità, specie nei paesi del nord Europa, dove la vita nei mesi più freddi e bui ha (o aveva) una dimensione maggiormente domestica.
Alberi nella Bibbia
Partendo dalle origini, già nel Genesi troviamo il Paradiso terrestre descritto come un giardino, nel quale alcuni alberi sono riservati a Dio: l’albero della conoscenza del bene e del male e l’albero della vita. Lungo tutta la storia sacra troviamo alberi particolarmente significativi, l’albero di Jesse, le querce di Mamre, per finire con l’albero della croce di Cristo. Non a caso, nell’iconografia cristiana antica, dalle catacombe ai battisteri paleocristiani, l’albero della vita è rappresentato come originato dalla croce, è il legno che fiorisce e dà frutto.
Mondo classico greco e romano
C’è chi ricorda come già gli antichi greci decorassero degli alberi, in quel caso certamente non abeti, ma ulivi e allori, in occasione di feste religiose. Un ramoscello, chiamato Eiresione (Ειρεσιώνη) veniva addobbato con frutti, dolci, fialette di vino e nastri di stoffa, poi dei ragazzi lo portavano in offerta agli dei, e in particolare ad Apollo, in qualità di dio del Sole, come auspicio di abbondanza per la buona stagione o come ringraziamento per il raccolto. La cerimonia era accompagnata da canti, alcuni frammenti dei quali ci sono pervenuti.
Dal mondo greco antico l’usanza si sarebbe tramandata in seguito al mondo cristiano-bizantino, diventando una forma di ringraziamento per i doni di Dio. Inoltre, grazie alle guardie di palazzo di Bisanzio, potrebbe essersi diffusa anche in altri paesi europei. Le guardie, infatti, erano assoldate anche tra abitanti di paesi molto lontani tra loro, che – dopo un periodo di servizio – tornavano ai paesi di origine (alcuni già cristiani, altri pagani, altri ancora musulmani) e contribuivano alla diffusione della tradizione con cui erano venuti in contatto.
Ma i greci non erano gli unici popoli dell’antichità ad avere tradizioni sacre legate ad alberi: egizi, antichi romani, cinesi, popoli precolombiani, popolazioni indoeuropee… in tutti si ritrova qualche variante dell’albero come simbolo della vita e asse del mondo, fonte di fertilità, abbondanza, sostegno del mondo, origine immobile.
Qualcosa di simile ritroviamo anche nei festeggiamenti delle Calende di gennaio presso gli antichi romani, durante i quali le case venivano addobbate con rami di pino. Inoltre, non dimentichiamo che i romani celebravano la festa del Sol Invictus attorno al 25 dicembre, per quanto si tratti di una tradizione tarda e di origine orientale. Di origini siriache ed egiziane, infatti, questa festa prevedeva che durante le celebrazioni alcuni sacerdoti si ritirassero in luoghi sacri, per poi emergere dichiarando che una vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un bambino. A Roma il Sole che nasce fu poi associato anche ai culti mitraici.
La stessa parola “strenna” è di origine latina, e indica un regalo di buon augurio scambiato in occasione di una particolare festività religiosa.
Popoli nordici e simboli cristiani
L’albero di Natale è talvolta messo in relazione anche con l’usanza celtica di addobbare e dar fuoco a un sempreverde in occasione del solstizio di inverno, il 25 dicembre: la luce e il calore del fuoco così ottenuto celebravano il giorno più breve dell’anno, dopo il quale il ciclo solare ricomincia a far crescere la durata del giorno.
I Vichinghi, nei giorni in prossimità del solstizio d’inverno, usavano dei frutti per decorare alberi di abete, ritenendolo di buon auspicio per il ritorno del sole e della buona stagione.
Anche nella saga dei Nibelunghi troviamo un albero, un grande frassino, che si trova al centro della terra.
Una tradizione vuole che, attorno al VII/VIII secolo, il britannico san Bonifacio di Crediton (675-754), apostolo dei Germani, portasse con sé un abete, simbolo trinitario, nei suoi viaggi di evangelizzazione in terra tedesca. Secondo un’altra versione invece, san Bonifacio si imbatté in alcuni pagani intenti a tagliare una quercia per fare un sacrificio al dio Thor: dopo averli fermati, il santo si apprestò ad abbattere l’albero per evitare il sacrificio, e questo si trasformò in abete. L’essenza non cambia: un sempreverde, per di più a forma triangolare, è proposto a simbolo cristiano. I tedeschi convertiti iniziarono allora a decorare l’albero in modo liturgico, con semplici candele: secondo quanto dice la tradizione, per permettere al santo di predicare anche di notte.
La storia dell’albero di Natale si intreccia indistricabilmente con quello dello Yule Log o Julblock: il ceppo di Natale. Attestato in Germania fin dal 1184 e diffuso in molti paesi nordeuropei, il ceppo di Natale era un grande tronco bruciato nelle case il giorno della Vigilia di Natale e ininterrottamente per dodici giorni fino all’Epifania, dopo una benedizione pronunciata dal capofamiglia, e come auspicio di buon augurio per il nuovo anno e per il raccolto futuro.
Durante il medioevo, nei paesi del nord Europa, la notte della Vigilia di Natale, era tradizione mettere in scena sul sagrato delle chiese i misteri (o rappresentazioni, spiele) di Adamo ed Eva. L’albero ricordato dal racconto biblico del peccato originale era spesso rappresentato da un abete che, essendo un sempreverde, non era spoglio nella stagione invernale ed esercitava un fascino particolare. Inoltre, celebrando la nascita del Salvatore dell’umanità, rappresentata da Adamo ed Eva, l’albero diveniva un simbolo di perdono e riconciliazione. Intorno all’albero venivano messi in scena episodi biblici e si declamavano passi della Scrittura.
Abbiamo notizie di un albero decorato a Brema nel 1570. La descrizione dice che fosse decorato con “mele, noci, datteri, salatini e fiori di carta”.
In un primo periodo gli unici ornamenti dell’albero erano delle mele, simbolo dell’abbondanza dei frutti del Paradiso. Presto si aggiunsero anche delle ostie, a indicare il sacrificio di Cristo che vince il peccato. Solo tempo dopo si avranno ulteriori aggiunte: decorazioni in carta colorata, dolci fatti in casa e, in seguito, palline di vetro. La carta, argentata o dorata, era simbolo dei regali portati dai Re Magi, le palline in vetro e le candele donavano luminosità, ricordando la venuta di Cristo, luce del mondo.
Nel 1605, a Strasburgo, in Alsazia, un albero fu invece portato in interni e decorato con rose di carta e candele: ecco il primo albero decorato al chiuso. In una cronaca di quell’anno si legge: “A Natale i cittadini si portano in casa degli abeti (‘Dannenbaumen’), li mettono nei salotti di Strasburgo, li ornano con rose di carta di multicolore, mele, zucchero, oggetti in foglia d’oro “.
Nel 1610 fu introdotto il filo d’argento (che allora era davvero di argento puro) per la decorazione, inoltre a un certo punto si diffusero anche le decorazioni in pan di zenzero.
Nei I dolori del giovane Werther, di Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), si trova la descrizione di un albero di Natale, ormai pienamente diffuso in Germania. Di questo stesso periodo è la composizione della canzone “Oh Tannenbaum, oh Tannenbaum”, oggi nota in tutto il mondo.
Nel XIX secolo la produzione di ornamenti per gli alberi di Natale divenne fiorente in alcune cittadine della Germania, in particolare quelle che avevano già una tradizione nella produzione del vetro. I vetrai attorno alla cittadina di Lauscha, in Turingia, iniziarono a fare ornamenti per un pubblico più ampio, avendo un enorme successo commerciale, al punto che si calcola che a un certo punto tutte le famiglie del circondario fossero, in un modo o nell’altro, impiegate nella loro produzione. La Germania diviene in questo periodo il leader mondiale degli ornamenti natalizi in vetro soffiato. A Dresda era avviata invece la produzione di ornamenti di cartapesta, tradizionalmente molto colorata. Altri ornamenti erano piccoli oggetti e personaggi di latta stampata, poi colorata con tinte lucide e brillanti, e strisce di carta metallica (dette tinsel).
La tradizione varcò presto i confini tedeschi, per poi diffondersi in tutta Europa.
Nel 1441, a Tallin in Estonia, nella piazza del municipio, Raekoja Plats, fu eretto un albero attorno al quale giovani uomini e donne avrebbero dovuto incontrarsi per ballare e – auspicabilmente – trovare l’anima gemella. Alcuni fanno risalire a questo episodio la nascita dell’albero di Natale..
Solo nel XVI secolo inizieranno a comparire le prime decorazioni. In Lettonia, nel 1510, un albero fu decorato con delle rose (fiore associato alla Vergine Maria) e possiamo pensare che questa sia la prima “decorazione” di un albero in senso moderno. Ancora oggi sul luogo si trova una targa in otto lingue, che reclama la paternità dell’albero di Natale. Entrambi gli alberi, quello estone e quello lettone, furono costruiti dalla “Confraternita delle Teste Nere”, un’associazione di mercanti locali non sposati che risale almeno al 1399. Lo storico e pastore luterano Balthasar Russow (1536-1600) scrive nel 1584 di una tradizione della città di Riga: un abete decorato è posto nella piazza del mercato dove i giovani “andarono con uno stormo di fanciulle e donne, prima cantarono e ballarono lì e poi misero l’albero in fiamme”.
La diffusione dell’albero ad altri paesi d’Europa avviene tramite la nobiltà che, avendo legami famigliari sovranazionali e viaggiando maggiormente, spesso portava in patria quel che aveva visto nei propri viaggi all’estero.
In Svezia il primo albero di Natale di cui si abbia memoria fu allestito nel castello di Stora Sundby nel 1741 nella regione dello Södermanland, molto probabilmente seguendo la tradizione già diffusa in Germania. In precedenza, era costume appendere dei rami decorati ai lati della porta di ingresso delle case, il 21 dicembre, nel giorno di san Tommaso apostolo, come segno del fatto che la pace del Natale era scesa su quella dimora.
Alberi in tutta Europa
In Austria, a Vienna, l’albero fa la sua prima comparsa nel 1816, introdotto dalla principessa Henrietta von Nassau-Weilburg (1797-1829), nel 1840 è la volta della Francia con Elena di Meclemburgo-Schwerin (1814-1858), divenuta per matrimonio duchessa d’Orléans.
In Gran Bretagna l’albero fece la sua prima apparizione attorno alla metà del 1800: nel 1841 il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha (1819-1861), marito della regina Vittoria (1819-190) e di origini tedesche, volle un albero di Natale nel castello di Windsor. Nel 1848, sul periodico The Illustrated London News, fu pubblicato un disegno intitolato “L’albero di Natale della Regina al Castello di Windsor”, ripreso poi nel 1850 dalla rivista Godey’s Lady’s Book, a Philadelphia, nel dicembre del 1850: l’illustrazione era la stessa, ma furono rimossi i baffi al principe Alberto e la corona alla regina Vittoria, in un tentativo di “americanizzazione” dell’illustrazione. Questo disegno ebbe un ruolo non secondario nella rapida diffusione degli alberi di Natale sia nel Regno Unito sia negli USA.
In Gran Bretagna le decorazioni si arricchiscono presto di fiocchi di neve ricamati. Oltre alle già note palline di vetro, si potevano trovare anche frutta fresca e secca, appese con nastri lucenti: inizia ora l’identificazione di questo periodo dell’anno con la stagione “della luce e della gioia”. Presto fanno la loro comparsa anche pizzi e carte pregiate.
Nel periodo edoardiano iniziano ad andare di moda degli alberi artificiali fatti con piume di struzzo e nel 1900 si ebbe per la prima volta la moda degli alberi bianchi, che in seguito non ha mai smesso di avere i suoi corsi e ricorsi.
La tradizione dell’albero di Natale, considerata protestante, per molto tempo rimase appannaggio dei popoli del nord Europa. In Italia la prima ad adottarla fu la Regina Margherita (1851-1926), moglie del re Umberto I di Savoia (1844-1900), che nella seconda metà dell’800 allestì un albero al Quirinale, allora residenza della famiglia reale, ma presto si diffuse a tutto il territorio nazionale, specialmente nel secondo dopoguerra.
In Italia tradizionalmente l’albero si allestisce l’8 dicembre, giorno in cui la Chiesa cattolica festeggia l’Immacolata Concezione, ma non mancano usanze locali a favore del 7 dicembre (sant’Ambrogio) o del 6 (san Nicola), mentre all’estero per lo più l’albero si decora ai primi giorni di dicembre.
Nell’albero tutto è simbolo: la stella sulla punta ricorda la stella cometa che ha annunciato la nascita di Gesù ai re Magi, le candele accennano alla luce dell’anno che torna ad aumentare dopo il solstizio d’inverno, ma anche Cristo luce del mondo, i dolciumi e gli oggetti argentati e dorati ricordano i doni portati dai Magi al Bambino, gli angeli talora rappresentati richiamano quelli che vegliavano sulla grotta a Betlemme e che chiamarono i pastori all’adorazione.
L’albero di Natale negli Stati Uniti e fino ai nostri giorni
Abbiamo già visto come negli Stati Uniti l’usanza dell’albero di Natale ebbe un impulso con la pubblicazione, a Philadelphia, di un’immagine della famiglia reale inglese (per quando americanizzata) riunita attorno all’albero.
Negli USA non era raro poter vedere alberi decorati con bacche, frutta candita e anche pop-corn, che dunque non sono una trovata moderna. Fino al 1880 le famiglie fabbricavano da sé i propri ornamenti, in commercio si potevano trovare solamente delle basi in ghisa che fungevano da sostegno per gli alberi tagliati e delle costose, dunque rare, palline in vetro soffiato a mano.
Nel 1880 Frank Winfield Wollworth (1852-1919) iniziò l’importazione negli USA delle decorazioni prodotte in Germania: entro il 1890 ne venderà per 25 milioni di dollari.
Nel 1890 la società Edison pubblicizzava i propri servizi di illuminazione per il Natale. Nel 1890 proponeva lampadine a noleggio, per il periodo natalizio. Il costo per questo tipo di illuminazione si aggirava attorno ai 300 dollari di allora, corrispondenti a qualche migliaio di dollari attuali: evidentemente era riservata alle classi più agiate. Solo nel 1903 faranno il proprio ingresso dei sistemi di illuminazione decisamente più economici, nell’ordine di poche decine di dollari.
A seguito dei numerosi incendi causati dalle candele degli alberi di Natale, tra i quali quello avvenuto nel 1885 di un ospedale di Chicago, nel 1908 le compagnie di assicurazione tentarono di far passare una legge che ne proibisse l’utilizzo.
Nel 1917, dopo l’ennesimo incendio, un giovane di origini spagnole, tal Albert Sadacca (1901-1980), ebbe l’idea di usare per l’illuminazione lunghi cavi elettrici con bulbi di colori brillanti: diede vita con la sua famiglia alla NOMA Electric Company, rinomata proprio per le luci di Natale.
Attorno al 1920 si affacciarono sul mercato delle decorazioni anche il Giappone e la Repubblica Ceca.
Dopo la Prima Guerra Mondiale gli USA erano diffidenti nei confronti dei prodotti importati dalla Germania e Max Eckhart, un commerciante in ornamenti di vetro ebbe un’idea. La Corning Company, a New York, aveva una macchina in grado di produrre centinaia di lampadine elettriche da una sola colata di vetro. Eckart si associa alla F.W. Wollworth e convince la Corning Company a produrre ornamenti natalizi in vetro: un successo immediato.
Nasce nel 1931 il famoso albero di Natale del Rockfeller Center a New York: sono gli anni della Grande Depressione, ma gli operai che stanno lavorando alla costruzione del Center non vogliono rinunciare a celebrare il Natale. Fanno una colletta per acquistare un albero che viene posto praticamente sul cantiere, decorato con ghirlande di carta fatte a mano da mogli e figlie, niente luci. Sotto quell’albero andranno a riscuotere la loro paga di dicembre. Già due anni dopo, nel 1933, l’albero del Rockfeller Center è considerato una tradizione cittadina.
Attorno al 1940 molti ornamenti erano comunque ancora fatti in Germania e mandati a varie manifatture negli USA per la decorazione finale, ma Eckart, sebbene di origini tedesche, fonda in quegli anni la All-American Company, conosciuta anche come “Shiny Brite”.
La Seconda Guerra Mondiale ha un impatto sui materiali a disposizione negli Stati Uniti: la parte d’argento che tradizionalmente foderava l’interno di molte decorazioni è ora sostituita da cartoncino colorato.
Alla fine della guerra la produzione di vetro di Lauscha, in Germania, viene nazionalizzata, trovandosi sul territorio della Repubblica Democatica Tedesca. Gli ornamenti natalizi non sono più prodotti fino alla caduta del muro di Berlino, nel 1989, quando rinascono alcune imprese private (oggi in zona ci sono circa una ventina di piccole produzioni di vetro soffiato).
Oggi sul mercato si trovano ornamenti di tutti i tipi, dai più economici in plastica, prodotti prevalentemente in estremo oriente, a quelli in vetro, legno, carta, cristallo, ceramica… fino ad arrivare alle decorazioni d’antiquariato, soprattutto quelle che vengono dalla Germania e che hanno quotazioni talora davvero importanti, a secondo anche dell’anno di produzione, del colore e del soggetto rappresentato. Tanto più rare, tanto più preziose.
Gli alberi di Natale sono diffusi in quasi tutte le case e nei centri delle grandi città: famosi in particolare rimangono quello del Rockfeller Center di New York, quello di piazza san Pietro, quello della Casa Bianca a Washington…e molti, molti altri…