Inizio qui una breve rassegna di tematiche legate all’homeschooling (ma che possono essere valide anche per quello che alcuni definiscono homeschooling part time e io preferisco chiamare educazione familiare). Spero di continuare questo discorso analizzando vari stili di didattica (unit studies, classical curriculum, unschooling, charlotte mason, metodo tradizionale, studio indipendente, eclettico…) e comparandoli tra loro: oggi parto dagli orientamenti di fondo e dalle grandi scelte di valori.
Negli Usa i ragazzi che sono stati istruiti in famiglia nel 2010 sono più di due milioni, con tassi di crescita vertiginosi. Non stupisce che questo sia diventato il focus di alcune case editrici e che siano sorte associazioni (o anche università preesistenti) che si occupano di fornire dei curriculum pensati appositamente per l’homeschooling. Bisogna dire prima di tutto che negli Usa la componente religiosa è spesso uno dei principali criteri di scelta del curriculum, quindi anche l’offerta si divide in alcuni grandi gruppi: proposte “neutrali”, proposte genericamente cristiane, proposte più marcatamente cattoliche o protestanti.
Le proposte neutrali a volte sono solo in apparenza tali, perché la sola scelta di includere o escludere certi argomenti può denotare un particolare orientamento di fondo. Ad esempio, se e quanto evoluzionismo inserire, come trattare le crociate, il periodo delle scoperte geografiche e del colonialismo, nazismo e comunismo… Così talora la scelta neutrale può rivelarsi una scelta militante anti-cristiana, anche se non necessariamente.
Le proposte genericamente cristiane includono una visione del mondo giudaico-cristiana, appunto, ma cercano di mantenere un certo equilibrio tra ragioni cattoliche e ragioni protestanti, ovviamente ci sono argomenti sensibili (ad esempio la Riforma protestante e quella cattolica), in cui l’equilibrio rischia di spezzarsi.
Le risorse più marcatamente cattoliche o protestanti difendono in maniera più militante delle specifiche visioni del mondo e, personalmente, ritengo che questo non sia un male. Se non vogliamo incorrere nell’ipocrisia di insegnare ai nostri figli una cultura senza valori e senza metro di giudizio dobbiamo farci carico di spiegare le nostre ragioni, o quelle che riteniamo tali, tentando di mantenere un metro ragionevole per misurare i torti e le ragioni di ogni parte in causa e di ogni possibile visione, ma di fatto facendo delle scelte che non sono prigioni in cui rinchiudere le menti dei ragazzi, ma reticolati di senso per dar loro delle coordinate.
In Italia, per motivi storici contingenti che tralascio in questo momento, si è ritenuto invece che fosse possibile eliminare tale reticolato di senso eliminando il richiamo ai valori cristiani, con il solo effetto di fornire un reticolato più subdolo, non dichiarato, che fa dell’anti-cattolicesimo militante e del relativismo assoluto i propri punti cardine. Si tratta comunque di una forma confessionale di fideismo laicista, tanto più pericolosa in quanto non è dichiarata e non tiene conto della storia della nostra nazione.
Un esempio per tutti: da un paio d’anni mia figlia al liceo ha un’insegnate di storia dell’arte completamente digiuna delle più elementari conoscenze sul cristianesimo, con il risultato tragi-comico di dare spiegazioni assolutamente assurde su gran parte dell’arte cristiana (non distingue alcuni personaggi biblici, non sa cos’è la trasfigurazione…). Tale ignoranza militante non rende l’insegnante più neutrale, solo più inutile e dannosa e purtroppo i ragazzi che lo possono capire in classe sono due o tre, per gli altri il problema neppure si pone. In un paese come il nostro, fisicamente forgiato anche nel paesaggio dall’arte cristiana, non si può non conoscere un po’ di cristianesimo (non dico abbracciarlo) se si vuole insegnare storia dell’arte (ma lo stesso vale anche per la storia tout court, ad esempio).
Mi sembra che queste tematiche in Italia siano ampiamente sottovalutate, o genericamente delegate all’annosa polemica tra scuola laica e scuola confessionale.
Non ritenete anche voi che la cultura e i valori vadano trasmessi di pari passo? Come si potrebbe determinare ciò che vale la pena essere appreso e insegnato senza che ci sia una scala di valori (esplicita o implicita) a cui riferirsi? Non ritenete che uno dei motivi di crisi del nostro sistema educativo consiste appunto nel fornire alcuni dati slegati da un vero sistema di valori, con il risultato di rendere aridi e irrilevanti i fatti che si apprendono?
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